La malaria è scomparsa dal nostro Paese a partire dagli anni ’50. I casi di malaria attualmente registrati in Italia sono infezioni contratte all’estero, in zone malariche, da viaggiatori internazionali. (fonte: salute.gov.it)
A livello internazionale la situazione è in miglioramento ma la malattia è considerata endemica in ben 87 paesi nel mondo, localizzati soprattutto in Africa, Centro e Sud America, Sud Est Asiatico, come dettagliato dall’Istituto Superiore di Sanità.
La malaria è infortunio sul lavoro
L’assicurazione INAIL “comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro”, ma non tutti sanno che anche l’infezione malarica è da considerarsi infortunio sul lavoro a tutti gli effetti.
La previsione contenuta nell’art. 2 del “Testo unico Inail” (DPR 1124/1965) ancora stabilisce che l’infezione malarica non sia da considerarsi infortunio sul lavoro, ma è stata da tempo dichiarata incostituzionale. La Sentenza Corte Cost., 17 giugno 1987, n. 226, ha infatti rilevato come, da quando la malaria non è più endemica in Italia, non sia più da considerarsi un rischio generico, ma un rischio specifico del lavoratore.
L’INAIL ha recepito questa sentenza nella sua “PROPOSTA DI LETTURA INTEGRATA” del DPR 1124/1965.
La malaria in occasione di trasferte di lavoro all’estero
Molte imprese italiane inviano i lavoratori paesi dove la malattia è endemica, sia per svolgere attività commerciale che per attività di installazione, manutenzione e altre prestazioni di servizi nel paese ospitante.
L’eventuale infezione da malaria, in questi casi, dovrà essere trattata come un infortunio sul lavoro, con l’assolvimento tempestivo di tutti gli adempimenti previsti dalla legge.
I doveri e le responsabilità del datore di lavoro
L’art. 2087 del codice civile prevede che “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Il mancato rispetto della norma espone il datore di lavoro ad azioni di responsabilità e rivalse da parte dell’Inail.
In realtà ne abbiamo già parlato in occasione della pandemia di Covid-19 https://www.tradecube.it/covid-19-e-tutela-del-datore-di-lavoro/, dove abbiamo evidenziato che il contributo del medico competente è fondamentale.
Il medico competente deve essere informato sulle trasferte internazionali dei lavoratori
L’art. 25 comma 1) del Testo Unico Sicurezza Lavoro (D.Lgs. 81/2008) prevede che “Il medico competente collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori (…)”
Sarà il medico competente che, in relazione alle condizioni di salute dei lavoratori, alla destinazione, alla tipologia di attività da svolgere, alla durata della trasferta, prescriverà o raccomanderà vaccinazioni e profilassi.
È compito del medico informare il lavoratore sulla situazione igienico sanitaria del paese ospitante, sui rischi, sulle precauzioni, sul comportamento da tenere in caso di infezione, anche con riguardo al suo particolare stato di salute.
In fase di assunzione o di visite periodiche è fondamentale comunicare o confermare al medico le mansioni specifiche del lavoratore, precisando se esse comprendono l’effettuazione di trasferte all’estero.
In particolare, con riguardo al rischio malaria, è importante attivarsi con alcune settimane di anticipo qualora la trasferta si svolga in una delle zone a rischio, in quanto alcuni tipi di profilassi devono essere iniziati qualche settimana prima di partire.
Per ulteriori informazioni è possibile consultare i siti del Ministero della Salute e dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).