In rete si sprecano i commenti su cosa “funziona” e “non funziona” relativamente ai social network. Quale tipo di contenuto ottiene i migliori risultati in termine di interazioni o diffusione? E qual è la distribuzione in termini di età? Come cambia la situazione a seconda della piattaforma?
Il video è veramente diventato il re dei contenuti? Beh questo, sì, lo si può dire, ma anche la tipologia di piattaforma fa una grande differenza nel definire quale tipo di video funziona, così come la fanno il momento, il luogo, insomma la modalità “profonda” di fruizione.
C’è però un anche elemento che viene spesso sottovalutato: l’interesse della piattaforma stessa. Quando parliamo di piattaforme social, non stiamo ovviamente parlando di associazioni di beneficienza, ma di aziende che ragionano in base alla propria convenienza.
Se l’algoritmo del social network è… egoista
Siamo sicuri che questo o quel tipo di contenuto abbia successo sia per la sua capacità di generare interesse e non semplicemente perché “spinto” dalla piattaforma stessa in quanto più utile a generare fatturato pubblicitario? In altre parole, sembra ovvio che gli algoritmi siano pensati anche (e soprattutto) in favore di chi li ha creati più che dell’intrattenimento, della felicità del fruitore e del bene del mondo.
Ad esempio, sempre parlando di video, è indubbio che l’affermazione di questo tipo di contenuto sia come detto dovuta alla sua pervasività. Ma non si può negare che ci sia stata un’importante “spinta” da parte degli algoritmi delle varie piattaforme, che ne ha massimizzato la diffusione sia in termini organici che di advertising. Il risultato è stato un grande impulso alla pubblicità.
Cosa ha dato il la a cosa (è nato prima l’uovo o la gallina)? Non è facile comprenderlo appieno e Il rischio è quello di avere davanti un panorama dai contorni meno netti di quanto non si pensi. Una dissociazione (pur mitigata dalla componente organica) tra quello che il pubblico vuole e quello che la piattaforma vuole. Non è assolutamente detto che le due cose coincidano. Anche in questo senso, l’imperativo per le aziende resta quello di effettuare delle analisi estremamente puntuali dei risultati, mirando a quelli “veri”, basati sul ritorno sull’investimento.