Smart Working: tutela del lavoratore e continuità aziendale

La situazione di emergenza che stiamo tutti vivendo, legata alla diffusione del contagio da cornonavirus Covid-19, ha costretto molte imprese ad attivare con pochissimo preavviso la modalità di lavoro agile, il cosiddetto smart working, senza una precisa pianificazione ed organizzazione.

Il lavoro agile è disciplinato dagli articoli da 18 a 23 della Legge 81/2017, che lo definisce come:

“…modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.”

Il DPCM del 25/02/2020, in attuazione del Decreto Legge n.. 6 del 23/02/2020, ha previsto, all’art. 2, la possibilità per i datori di lavoro aventi sede nelle zone maggiormente interessate dal contagio (che ora includono l’intero territorio nazionale) di attivare la modalità di lavoro agile anche in assenza dell’accordo con il lavoratore, purchè venga assolto l’obbligo di informativa in materia di sicurezza.

Per completare il quadro normativo, rileviamo che a più riprese i decreti attuativi hanno previsto che le aziende attuassero il massimo utilizzo della modalità di lavoro agile; previsione richiamata più volte anche dal Protocollo Condiviso dal Governo e dalle Parti Sociali del 14/03/2020.

Alla luce di quanto sopra e nel contesto dell’emergenza in atto, l’attivazione dello smart working per le attività che possono essere svolte a distanza non è a discrezione del datore di lavoro, ma trattasi una misura che deve essere adottata ogni qualvolta sia possibile.

Smart Working, servono valutazioni preventive documentate

Da ciò deriva che è in ogni caso necessario effettuare una valutazione preventiva e documentarla accuratamente per giustificare la mancata attuazione della modalità di lavoro agile, sia che essa abbia comportato la presenza in azienda di un maggior numero di lavoratori, sia che abbia avuto come conseguenza la sospensione dal servizio del lavoratore, anche con l’utilizzo degli ammortizzatori sociali.

Le aziende si sono trovate in difficoltà nel reperimento dei dispositivi tecnologici, a causa dei ritardi che la situazione contingente sta provocando nei trasporti e negli approvvigionamenti, ma anche nell’organizzazione del lavoro e nell’attuazione di tutti gli adempimenti amministrativi.

Le norme vigenti individuano espressamente solo due obblighi in materia di smart working:

In realtà esiste almeno un’altra informativa obbligatoria, anche se non viene citata, ed è assolutamente opportuno procedere alla stipula dell’accordo individuale, integrandolo con un disciplinare per la sicurezza informatica.

Andando con ordine, possiamo affermare che lo smart working deve essere realizzato rispettando alcuni principi fondamentali:

  • la tutela di tutti i diritti del lavoratore, tra i quali il diritto alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro ed alla privacy
  • la sicurezza informatica, perché i dati e documenti aziendali, o meglio, i supporti che permettono di accedervi, si spostano per la prima volta in massa al di fuori del perimetro dell’azienda
  • la salvaguardia della continuità aziendale, che si realizza solo garantendo la riservatezza dei dati, il necessario coordinamento tra le varie aree aziendali e l’esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro

Partendo proprio da quest’ultima tematica sottolineiamo che il datore di lavora attua di fatto, anche in modo incidentale, delle forme di controllo a distanza dei lavoratori, consentite proprio dalla modalità di prestazione lavorativa e dagli strumenti tecnologici utilizzati dal lavoratore. Timesheet, calendari e posta elettronica condivisi, software gestionali che monitorano le fasi ed i processi possono diventare strumenti di controllo a distanza, così come i file di log dei server aziendali.

Premesso che è vietato:

  • utilizzare gli strumenti di lavoro per il monitoraggio continuo ed indiscriminato dell’attività dei lavoratori
  • l’utilizzo di strumenti che abbiano come unico scopo il controllo a distanza

secondo l’art. 4 della L. 300/1970 (statuto dei lavoratori) le informazioni raccolte tramite gli strumenti di lavoro “sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196” (ora GDPR)

Da ciò deriva che per poter esercitare il proprio potere disciplinare il datore di lavoro è obbligato a consegnare al lavoratore adeguata e dettagliata informativa in merito al trattamento dei dati raccolti, redatta sulla base di quanto previsto dal Regolamento (UE) n. 2016/679 (GDPR).

Sempre in tema di tutela dei diritti, risulta molto aleatorio parlare di tutela dei lavoratori senza un accordo individuale, sebbene molti contratti collettivi (ma non tutti) prevedano la regolamentazione dell’istituto del “telelavoro”, così come definito, prima dell’entrata in vigore della Legge 81/2017, dall’Accordo Interconfederale del 09/06/2004, che recepì L’Accordo-quadro Europeo del 2002.

Infatti il quadro normativo e contrattuale mal si adatta ad una situazione emergenziale unica: basti pensare, per esempio, che attualmente il lavoro non può essere certo svolto   “… in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa…” in quanto le norme di Legge vigenti impongono di non lasciare il proprio domicilio se non in caso di necessità.

Inoltre, per citare un altro esempio, la Legge 81/2017 prevede espressamente che l’accordo con il lavoratore individui le condotte connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali che costituiscono infrazioni disciplinari e che generalmente non sono contemplate dai Contratti Collettivi vigenti.

Dal momento che purtroppo l’emergenza in atto non è destinata a risolversi rapidamente, è facile concludere che la mancata definizione delle regole applicabili al rapporto di lavoro in modalità smart working potrebbe portare a gravi difficoltà nella gestione del rapporto di lavoro, con riflessi negativi sull’organizzazione aziendale, sull’efficienza e sulla produttività.

Il tutto potrebbe generare malintesi e controversie difficili da definire, in assenza di regole certe. 

Raccomandiamo quindi alle imprese di non affrontare con superficialità questo aspetto: la redazione dell’informativa sul controllo a distanza, della contrattualistica con il personale e del disciplinare informatico sono attività prioritarie, che possono essere senz’altro svolte da casa, tanto più che l’area amministrativa generalmente è la prima ad essere completamente operativa in modalità smart working.

Lo Studio di Consulenza del Lavoro di TradeCube® è operativo al 100% in smart working dal 12 marzo ed è in grado di svolgere tutti gli adempimenti necessari in tempi molto rapidi, compresa la redazione degli accordi aziendali personalizzati e delle informative sul controllo a distanza dei lavoratori.

Anna Cortesi – consulente del lavoro di TradeCube®  www.tradecube.it info@tradecube.it

21/03/2020

Disclaimer: The content of this article is intended to provide a general guide to the subject matter. Specialist advice should be sought about your specific circumstances. Il contenuto di questo articolo ha lo scopo di offrire informazioni orientative alle imprese. Vi invitiamo a chiedere una consulenza specialistica relativamente alla Vostra situazione specifica.

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