L’impresa che invia i lavoratori in trasferta nell’Unione Europea è obbligata a garantire al lavoratore un trattamento economico non inferiore a quello minimo previsto nella nazione di destinazione.
L’obiettivo è quello di evitare il cosiddetto “dumping sociale”, l’immissione in un mercato di forza lavoro con costi notevolmente inferiori rispetto a quella nazionale.
La retribuzione da applicare è quella prevista dalla legge locale o dai Contratti Collettivi di applicazione generale o obbligatoria. Ad oggi non tutte le nazioni hanno previsto una retribuzione minima per Legge ed i Contratti Collettivi, in molti casi, sono obbligatori solo per alcuni settori ritenuti “sensibili”, tra i quali in genere figura sempre l’edilizia e l’impiantistica.
Non è quindi automatico che, quando ci si reca in trasferta in una nazione con standard retributivi più elevati dei nostri, sia necessario riconoscere al dipendente un supplemento sulla retribuzione.
Il mondo delle trasferte dei lavoratori all’estero sta per cambiare
Entro il 30 luglio 2020 stati della UE/SEE devono recepire nei propri ordinamenti la direttiva UE 2018/957, che prevede ulteriori tutele a favore dei lavoratori e conseguenti obblighi per i datori di lavoro che li inviano in trasferta che riguarderanno in particolare l’applicazione dei CCNL locali e di conseguenza la retribuzione minima.
Si prevede che l’applicazione dei livelli retributivi previsti dai Contratti Collettivi locali e parametrati alla qualifica, anzianità, caratteristiche e mansioni del lavoratore sarà quasi generalizzata.
L’arrivo del Coronavirus Covid-19 comporta e comporterà maggiori verifiche
E’ da rilevare che, mentre l’implementazione delle precedenti Direttive in materia di distacco dei lavoratori è avvenuto conritardo ed a macchia di leopardo, le nazioni europee appaiono molto attive nelle fasi propedeutiche al recepimento della direttiva.
E’ quindi ragionevole pensare che anche le nazioni che fino ad oggi non hanno effettuato controlli con sistematicità saranno più attente ed incrementeranno le verifiche.
Le verifiche saranno presumibilmente effettuate già alle frontiere quando le restrizioni causate dalla pandemia di Coronavirus incominceranno ad attenuarsi: già oggi alcune nazioni, come la Francia, consentono l’accesso in pochissimi casi, purchè accompagnato dalla pratica di distacco.
Pianificare i costi prima di programmare la trasferta
Se non ha effettuato uno studio di fattibilità prima di inviare il lavoratore in trasferta e in fase di acquisizione della commessa, il datore di lavoro può incontrare notevoli difficoltà:
- il preventivo lavori non teneva conto dei livelli retributivi più elevati di quelli nazionali, quindi si trova a sostenere maggiori costi e a non realizzare i margini attesi
- non sa come e dove reperire i dati necessari alla corretta determinazione della retribuzione supplementare da riconoscere
Alcuni stati, in modo particolare (ma non solo) quelli conosciuti come “neocomunitari”, quali ad esempio Romania, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, ecc., pongono minori problematiche.I trattamenti retributivi infatti sono in genere più bassi di quelli vigenti in Italia.
Altre nazioni, come la Svizzera e le nazioni nordeuropee in generale, applicano retribuzioni molto elevate rispetto ai nostri standard. Le retribuzioni francesi e tedesche generalmente non sono un problema se i nostri dipendenti sono tecnici specializzati con retribuzioni che superano i minimi sindacali. Possono però diventarlo se in Italia il dipendente percepisce solo la paga base contrattuale.