Il tema del Green Pass sul posto di lavoro è al centro dell’attenzione. Ma oltre alla situazione del lavoro pubblico e privato in Italia, sono anche da considerare le ripercussioni per le trasferte all’estero. Attualmente, il panorama internazionale è estremamente variegato e ci sono differenze rilevanti anche tra la nostra normativa e quella delle nazioni confinanti.
Il green pass e le trasferte all’estero, un gioco a incastro
Ogni paese ha adottato una sua classificazione di rischio diversa e quindi l’Italia, o una o più zone/regioni, possono rientrare contemporaneamente in una gamma di colori che va dal bianco, al verde, all’ambra al rosso scuro, in base al paese di destinazione.
Per organizzare le trasferte le imprese si trovano a dover “matchare” i colori e le normative dei paesi di destinazione con lo status vaccinale o di guarigione del lavoratore. Dati, questi ultimi, che il lavoratore non è tenuto a condividere.
La quarantena comporta costi sproporzionati
L’obiettivo principale è evitare la quarantena sul territorio estero, che può durare indicativamente da 7 a 14 giorni e in alcuni casi deve essere effettuata presso una struttura designata dalle autorità, con costi a carico del datore di lavoro.
Se aggiungiamo il costo del lavoro, il fatto che il lavoratore non sia disponibile per altri servizi e il rischio del mancato rispetto dei termini di consegna, diventa evidente quanto sia pesante il costo di una quarantena.
Molti paesi (in Europa e oltre) esonerano dalla quarantena i viaggiatori in possesso di Green Pass oppure i viaggiatori “fully vaccinated”.
L’interpretazione delle definizioni può variare da paese a paese
Ad esempio, in Italia un soggetto è considerato
- Vaccinato quando ha completato il ciclo vaccinale da 14 gg
- Guarito dopo 180 gg dal primo tampone positivo
- “Tamponato” quando è in possesso di test antigenico o molecolare negativo effettuato nelle ultime 48 ore
Salvo eccezioni, questi tre requisiti si equivalgono, quindi possono essere fatti valere alternativamente. Oltreconfine, invece, il termine “green pass” può sottintendere condizioni differenti.
All’estero e nella UE, ad esempio:
- Possono essere previsti tempi di attesa diversi dopo aver ricevuto l’ultima o unica dose di vaccino, che possono andare indicativamente dai 7 giorni alle 4 settimane.
- I tre status (vaccinato, guarito o testato) non sempre hanno la stessa validità ma vi possono essere associati obblighi diversi
- Il concetto di “fully vaccinated” può coincidere con quello italiano, ma può anche prevedere l’effettuazione di una o due dosi di vaccino per i guariti
- Per documentare la guarigione può essere richiesto un test sierologico
- Può essere valido solo il tampone molecolare, oppure possono essere previsti tempi più stretti per l’antigenico
In ogni caso le singole compagnie aeree e i singoli aeroporti possono avere delle policy che prevedono obblighi particolari (es. il tampone anche ai vaccinati), anche se queste non sono previste dai governi interessati.
La quarantena “sorvegliata”
In alcuni paesi esiste un’esenzione parziale alla quarantena. Il lavoratore viene lasciato libero di uscire solo per recarsi al lavoro, in un luogo specifico che generalmente deve essere dichiarato all’ingresso nel paese.
In questo e altri casi alcuni paesi prevedono il tracciamento della persona (c.d. braccialetto elettronico). Il datore di lavoro deve quindi porre in essere tutto quanto necessario ai fini del rispetto dello statuto dei lavoratori e del GDPR (codice della Privacy).