Quanto siamo pronti ad affrontare la rabbia del “popolo della rete”?
Non siamo esattamente in un momento storico in cui su internet trionfa la verità. Siamo invasi da fake news, ovvero news false create ad arte per generare visualizzazioni, visite a siti web o, nella peggiore delle ipotesi, indirizzare e canalizzare il consenso politico. La chiave è rappresentata però da un sentimento specifico: la rabbia. Quello che pochi sanno, è che l’arte delle fake news è basata sulla scienza: la rabbia – è scientificamente provato – è uno dei sentimenti che rendono meglio in termini di visibilità, in quanto ha la capacità di trasmettersi da un utente a un altro come una malattia. Tant’è che è stato coniato un termine: “mind virus“, virus mentale.
Tutti possono diventare vittima della rabbia digitale, e anche se in alcuni contesti ha poca influenza, nessun settore ne è immune. Quando si affronta un mercato dal punto di vista della promozione, occorre sempre preparare una strategia di risposta ad eventi di “contagio”. Chiedersi quali degli aspetti sono più vulnerabili. La nostra azienda ha fatto qualcosa che può far arrabbiare qualcuno? Abbiamo qualche categoria particolare di utenti che possono sentirsi offesi – anche a sproposito – da qualche nostra azione o da qualche nostro prodotto? Sappiamo cosa rispondere loro?
Non è facile trovare una risposta, ma non rispondere può risultare ugualmente problematico. Per converso, non è spesso nemmeno possibile impostare una strategia volta esclusivamente ad evitare queste criticità. Il rischio è quello di apparire completamente impersonali, quando avere una personalità ben definita è una delle prime necessità per distinguersi in un mercato globale fatto di numerosissimi concorrenti.
Come per quasi tutti i temi riguardanti la comunicazione, non c’è una formula magica. Si tratta di analizzare, stabilire una strategia, e adattarla con le esperienze maturate sul campo.