L’engagement rateè di moda. In ogni angolo del web e dei social ci viene spiegato quanto sia importante che i contenuti generino un’interazione. Interazione da cui si spera di tirar fuori relazioni solide e durature con clienti o possibili clienti. Le definizioni sono diverse a seconda di cosa si considera engagement. Si tratta della somma di determinate interazioni. Nel paniere ci saranno ad esempio i like, i commenti e le condivisioni, piuttosto che i “play” su un video e i click sui link, o magari il riempimento di form. Le valutazioni possono includere tutti o solo alcuni elementi di questo paniere.
Come detto l’engagement è importante, ma prendere per buono il dato senza un’analisi qualitativa sul tipo di interazione e sul tipo di cliente è un clamoroso errore. Abbiamo parlato infatti di clienti o possibili clienti. Usare l’engagement rate per misurare una campagna senza declinazione qualitativa è come usare la quantità di pubblico per misurare il successo di una partita di calcio, anche se l’ingresso era gratuito e la squadra ha perso quattro a zero.
Questo elemento assume ancor più importanza quando ci si promuove su un mercato estero, cosa che si presta ad aggiungere ulteriori incognite in termini di informazioni richieste e valutazioni da fare.
Valutazione mirata, e basata sulla qualità
Il primo presupposto da verificare è che il nostro pubblico sui social sia identico al pubblico dei nostri clienti. Questa è una coincidenza tutt’altro che facile da ottenere. Anzi, la realtà è che più postiamo contenuti di qualità, visually appealing e intriganti, più “tireremo dentro”, insieme ai nostri potenzali clienti, anche un pubblico generalista o fuori target, che interagisce non in quanto interessato dal prodotto o dalla nostra azienda, ma dal contenuto in sé.
E’ ad esempio il caso del mondo dell’automotive, in cui il prodotto è altamente d’impatto ma l’engagement a volte arriva da un pubblico che, per motivi anagrafici, non acquisterà un’auto per almeno i prossimi 5-10 anni. In quel caso, il risultato è sempre importante, ma solo in termini di brand awareness e di investimento futuro. Facendo una valutazione qualitativa, per una casa automobilistica, ad esempio, il click verso un configuratore da cui esce un preventivo varrà molto di più di qualunque commento o condivisione.
Il ROI vince ancora su tutto
Quando si prepara e si valuta una campagna digitale, non bisogna mai dimenticare la prima e più importante metrica a disposizione, quella del ritorno sull’investimento o ROI. La revenue, ovvero la redditività concreta. Tutt’altro che facile da calcolare, specie quando ci si promuove su tanti fronti o includa valori fluttuanti (ad esempio derivate da quotazioni).