Content is king. Lo diceva Bill Gates nel 1996 ed è ripetuto spesso e volentieri in numerosi corsi e articoli relativi al digital marketing. Cosa significa però in pratica? Gates si aspettava, agli albori di internet, che con il tempo sarebbe stato possibile selezionare i contenuti più qualitativi nel “mare” della rete, e che quelli di maggior qualità sarebbero stati premiati con maggiore possibilità di essere visti, e quindi di generare lead e conversioni.
Contenti is king… vero o falso?
Ma è vero? Tendenzialmente sì, ma non sempre. Gli algoritmi che guidano le nostre vite stanno diventando sempre più efficienti nell’indirizzarci su contenuti che loro ritengono avere maggiore qualità, ma non sono ancora in grado (e forse non lo saranno mai, dato che si parla di qualcosa con ampi margini di soggettività) di riconoscerla di per sé. Si prestano quindi ad essere “dirottati”. Soprattutto, non è detto che il nostro pubblico di destinazione sia in primis alla ricerca della qualità. Anzi, spesso non lo è affatto: il fruitore del contenuto è alla ricerca di qualcosa che risponda alle sue necessità. E a volte, le sue necessità possono essere “costruite”, come ad esempio nel caso dei prodotti tecnologici. L’accento non va quindi messo sul contenuto in senso stretto, ma sul contenuto in relazione al suo consumatore.
Se il robot controlla il fruitore e non viceversa
L’unione dei vari aspetti genera dinamiche molto difficili da interpretare. Il fruitore sceglie un contenuto perché risponde alle sue necessità o perché il marketing l’ha convinto che risponda alle sue necessità, o ancora perché un bot pensa che possa rispondere alle sue necessità? Capire a fondo le meccaniche processo è quasi impossibile perché non solo sono ovviamente protette e gelosamente custodite, ma si aggiornano da sole in modo indipendente da chi le ha implementate. L’unica opzione è studiare una strategia e rivalutarla costantemente in base ai risultati raggiunti. Tempi, quantità, pubblicità vanno sperimentati e aggiornati in tempo reale, testando e provando.
Tendere alla qualità
Però, occorre stare attenti a non discostarsi dalla qualità e la soddisfazione del fruitore. Anche se ci sono delle distorsioni, e non è detto che la qualità assoluta, di per sé, sia vincente, ad essa occorre tendere.
Ad esempio, nella scrittura di un articolo o di una promozione, il fatto di seguire delle tecniche non può compromettere, ad esempio, le regole della lingua. Anche perché, aggiornandosi via via col tempo, i bot diventano sempre più bravi a capire quando si sta cercando di “fregarli. E sempre più cattivi in risposta a quando ciò avviene.
Lo stesso dicasi per il nostro target, che potrà essere attirato su contenuti di cui non ha bisogno, o crede di aver bisogno, ma molto difficilmente andrà oltre a quell’azione se avrà il sospetto di essere raggirato.
Un altra regola fondamentale, che abbiamo ripetuto spesso su queste pagine, è quella di studiare il contenuto non solo per il target che si ha, ma anche per quello che si vorrebbe avere. In altre parole, se sulla nostra pagina social la maggior parte degli utenti è attiva alle 18:00, non è detto che si possa creare un business con quei pochi attivi alle 8:00 del mattino, o che non ci sia, da qualche parte nel mondo (magari con fusi orari differenti) qualche potenziale nuovo cliente.
Il contenuto non è un sovrano assoluto
In conclusione, possiamo dire che se è vero che il contenuto è il re, non è (ancora) un sovrano assoluto, come nella Francia prima della rivoluzione, o un faraone, e deve prestare molta attenzione ai suoi funzionari e sudditi per evitare di finire… con la testa tagliata…
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