Le imprese che inviano i propri dipendenti in trasferta nell’Unione Europea spesso non hanno la percezione dell’importanza della compliance in materia di lavoro.
In alcuni casi tendono ad affidarsi al “fai da te” in base a informazioni frammentarie raccolte in rete ed accade che le risorse adibite alla compliance non siano adeguatamente formate in materia di diritto del lavoro italiano e dell’Unione Europea.
Quali sono gli argomenti minimi da valutare per evitare rischi?
Retribuzione del lavoratore – non può essere inferiore al trattamento economico dei lavoratori del paese ospitante
Contributi – E’ possibile continuare a pagarli in Italia? In aggiunta è necessario iscriversi a qualche ente locale?
Orario di lavoro – Quante ore si lavora alla settimana? E’ possibile fare gli straordinari? Il lavoro festivo è ammesso?
Sicurezza – I nostri DPI, la nostra formazione e le nostre procedure sono adeguate e rispettano le norme locali?
Assistenza sanitaria e infortuni – E se il lavoratore si ammala o ha un incidente mentre è in trasferta?
Documenti – Che documenti sono richiesti per dimostrare di essere in regola? In quale lingua?
Verifiche – Quando operiamo nella UE dobbiamo sempre comunicare alle autorità locali che cosa facciamo, come, dove e con chi
Obblighi fiscali – Quando è obbligatorio pagare le tasse e l’IVA nel paese di destinazione?
Subappalto – E’ ammissibile? Con quali regole?
Sanzioni – Che cosa succede se non siamo in regola? Le sanzioni colpiscono anche il cliente?
L’elencazione non è esaustiva, perché molto dipende dalle specificità del lavoro da svolgere, dell’azienda e dalla configurazione della trasferta, ma la cosa da sapere è che nessuno di questi aspetti è prioritario o secondario, sono tutti imprescindibili.
La consulenza è meno costosa delle sanzioni
E quindi spesso le imprese scelgono di “saltare” passaggi fondamentali, come la scelta del contratto collettivo, perché generalmente la relativa consulenza costa di più di una comunicazione o notifica. Oppure ancora non traducono i documenti anche se ciò è obbligatorio.
La scelta del contratto collettivo non è mai scontata nemmeno in Italia, così come la corretta applicazione dei suoi istituti. Se consideriamo che le logiche di inquadramento delle attività e dei lavoratori possono differire da nazione a nazione, ecco che viene giustificata la professionalità necessaria per svolgere questa attività e quindi anche il relativo costo.
In realtà anche fare la dichiarazione dei redditi è costoso, così come elaborare paghe e contributi, per non parlare di tutta la burocrazia italiana, della quale abbiamo esempi sotto gli occhi ogni giorno.
Ma nessuno si sognerebbe mai di fare le buste paga ma lasciar perdere i contributi perché costa troppo…
La compliance va intesa come un complesso di attività tra loro interdipendenti
I costi sono legati alla necessità di collaborazione con partner locali, perché solo così è possibile avere la garanzia della correttezza delle attività svolte e un referente in caso di verifica da parte delle autorità.
Dopotutto i costi di una due diligence preventiva non sono paragonabili ai costi di un contenzioso con un’autorità estera…
TradeCube offre compliance, accompagnando le imprese in tutte le valutazioni e attività necessarie per evitare di commettere infrazioni, anche involontarie.