Lo studio sul packaging ormai è una scienza, ancor più importante quando ci si approccia ad un mercato non conosciuto. E’ importante indagare le tendenze, i gusti, le regole non scritte del destinatario. Regole che potrebbero essere differenti da quelle del mercato interno. Questo però non vale solo per il packaging propriamente detto, quello del prodotto finale e destinato al consumatore. Vale anche in tema di B2B, nelle spedizioni e nei passaggi industriali che portano alla commercializzazione. Innazitutto, occorre indagare il contesto di cosa il cliente si aspetta di ricevere, che non è necessariamente limitato a quello che la normativa prevede.
Il packaging, ma anche gli imballaggi come parte della strategia commerciale
Anche se rispettiamo tutte le regole scritte del commercio internazionale, che abbiamo indicato la scorsa settimana, ci possono essere delle consuetudini all’apparenza innocue, ma decisive. Ad esempio, ed è il caso più lampante, vendere in un’area in cui c’è un’attenzione particolarmente alta verso la tutela ambientale e sociale potrebbe influire nella scelta di utilizzare materiale riciclato o sostenibile. Ma soprattutto, c’è da considerare le regole che vengono dettate dal cliente in maniera più o meno esplicita.
Spesso le aziende inviano i propri prodotti all’estero senza effettuare considerazioni di questo tipo. Come detto, non si parla solo di packaging, ma anche degli imballaggi ad uso… B2B. Confezioni di campioni mischiate con quelle del prodotto finale senza alcuna distinzione, lotti di prodotto particolarmente rilevanti per caratteristiche (anche se magari dal punto di vista doganale sono identici) imballati con confezioni anonime. O peggio, imballate con scatole riciclate, magari di un subfornitore (un bell’invito a rivolgersi direttamente a quel subfornitore?) o utilizzando, ad esempio, un nastro adesivo marchiato in modo incoerente. Ma anche con confezioni troppo pesanti, sia in senso assoluto, sia in riferimento a specifiche condizioni di movimentazione dal cliente.
Rispettare le regole del cliente
Vanno poi esempio utilizzati i codici corretti, come indicati dal cliente. Un imballo inappropriato e confuso, potrà portare il cliente a caricarlo a magazzino in modo sbagliato. Articoli diversi possono ad esempio essere caricati a magazzino con un solo codice, causando perdite di tempo enormi per “risalire” all’errore.
Altre situazioni di questo tipo, e parliamo di esperienze di vita vissuta, riguardano il trasporto. Cosa succede qualora un trasportatore ritrovasse una spedizione persa e non riesca più a risalire a chi l’aveva effettuata perché mancano indicazioni? O addirittura, aprendo e verificando il contenuto, trova imballaggi con nomi di altre aziende, vedendosi costretto a una vera caccia al tesoro? Tempo perso ma soprattutto, come abbiamo detto in passato, il rischio-figuraccia che, quando si ha a che fare con un certo tipo di player internazionali, può avere conseguenze devastanti.
Queste situazioni danneggiano non solo chi riceve (o come nell’ultimo esempio) la merce, ma anche ovviamente chi l’ha inviata, la sua immagine e la professionalità.
Un concetto esteso di brand identity
Si tratta di un aspetto più profondo e pratico della Corporate Identity non semplicemente intesa come capacità di rendere l’impresa riconoscibile sul mercato, ma anche di trasmettere ai clienti la solidità e le capacità della nostra azienda. E, ovviamente, salvaguardare i rapporti in essere. Una volta raggiunta la compliance in senso stretto, occorre fare un passo in più, pensando anche a tutte le valutazioni d’opportunità.
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