Spesso su TradeCube spieghiamo ai nostri lettori come l’internazionalizzazione non sia un tema che riguarda un solo dipartimento, o solo una determinata area aziendale. Questo perché la decisione di trovare nuovi clienti (o fornitori) all’estero coinvolge tutta l’attività tipica dell’impresa. La promozione e il commerciale ma anche la produzione, l’ufficio del personale ma anche la contabilità.
Altrimenti, è facile trovarsi a fare i conti con circostanze inattese. Abbiamo spesso parlato delle situazioni di illecito involontario: un’impresa, e i suoi rappresentanti, possono essere ritenuti responsabili di illeciti gravi, anche penali, senza aver avuto nemmeno la consapevolezza di commetterli. Oppure, l’impresa può trovarsi con crediti che è impossibile esigere, per via di sanzioni internazionali.
Ritardi di consegna, non solo una “brutta figura”
Ma è sbagliato limitare l’attenzione alle circostanze di questa gravità. Il mancato coordinamento coinvolge soprattutto l’operatività di tutti i giorni. E anche se non corrisponde a un illecito grave o penale, una semplice “brutta figura” col cliente può avere effetti altrettanto nefasti, in particolare nel periodo che stiamo vivendo.
Riscontriamo che spesso l’ufficio commerciale delle PMI tende non solo ad essere ottimistico, in particolare per le consegne, ma anche a prendere iniziativa indipendentemente dalla produzione. Se tutto va bene, altrimenti… il cliente aspetterà. In altre parole, si tende a vendere qualcosa che potrebbe o non potrebbe essere fisicamente prodotto in tempo.
Questa situazione rasenta l’assurdo quando capita che, all’estero, i clienti si adattino, sapendo che con il fornitore italiano ci potranno essere ritardi. Così, spostano in avanti tutto il proprio processo produttivo adeguandolo alla “normale anomalia attesa”. Purtroppo però, la concorrenza è inarrestabile, e un fornitore preciso tende sempre a prevalere su uno impreciso, anche se “prevedibilmente impreciso”.
La crisi delle materie rende ancora più cruciale la precisione
Con la situazione di difficoltà degli approvvigionamenti che stiamo vivendo, la tematica si ingigantisce, in quanto l’aspetto temporale diventa sempre più critico. Da una parte, i clienti si aspettano che possano esserci ritardi e, anzi, tendono ad accettare più o meno tutte le consegne.
Ma proprio per questo motivo, “sgarrare” e promettere l’impossibile può essere ancor più devastante sia per chi attende la consegna, sia, una volta che i nodi vengono al pettine per chi delude le attese. Un ritardo oggi può mandare ancor più il cliente che abbia creduto in buona fede a una promessa ottimistica. E ciò potrà ripercuotersi anche sul futuro delle relazioni quando la situazione, si spera, arriverà ad una nuova normalità.
In altre parole, se c’è un momento giusto per imparare a coordinarsi, essere trasparenti coi clienti, non promettere l’impossibile e iniziare a ragionare di conseguenza, è quello che stiamo vivendo. Chi sopravviverà e imparerà, avrà davanti un futuro più promettente.
Un buon contratto può avere un’importanza determinante
La crisi delle materie prime, così come l’emergenza sanitaria, sono note da tempo. Non si tratta di novità né di eventi improvvisi ed imprevedibili, ma di circostanze ormai note da tenere in considerazione al momento della redazione dell’offerta e/o del contratto, ma anche e soprattutto durante la trattativa commerciale.
Flessibilità nelle tempistiche, possibilità di fornire al cliente prodotti o dotazioni equivalenti se quelle specificamente richieste dal cliente non sono reperibili, adeguamento dei prezzi conseguente al rincaro delle materie prime e componenti. Sono solo alcune delle salvaguardie contrattuali che possono tutelare l’impresa.
Naturalmente non è interesse di nessuno iniziare un contenzioso sulla base delle clausole contrattuali, anzi… ma un contratto tutelante può dare un supporto potente, anche psicologico, al commerciale che si trova ad affrontare momenti problematici o conflittuali con il cliente, aiutandolo a gestire la situazione con calma e sicurezza.