La reputazione dell’azienda vale di più della vittoria nel gioco a “di chi è la colpa”
Fail-safe è una parola inglese che non ha una traduzione letterale, ma significa “sicuro anche in caso di fallimento”. Progettare qualcosa con una logica fail-safe significa concepirlo in modo che nulla di pericoloso possa accadere anche se una delle singole componenti dovesse rompersi, cedere, o fallire in qualche modo la sua funzione.
Tutti i meccanismi aziendali, produttivi e non, prevedono anche inconsciamente logiche di questo tipo. Lo stesso controllo di qualità lo è: anche se una linea produttiva è perfettamente allo stato dell’arte, è indispensabile comunque tenere osservato il prodotto finito per assicurarsi che non sia successo qualcosa che lo priva del proprio standard.
Ci sono poi molti casi in cui tale logica è voluta, o addirittura un pilastro del settore. Basti pensare al mondo dell’aeronautica. Tutti gli aereomobili con cui vogliamo, hanno diverse serie di componenti, per creare una ridondanza che protegga il passeggero e l’equipaggio anche in caso di rotture.
Anche la comunicazione richiede un approccio fail-safe
Fin qui, è tutto abbastanza intuitivo. Dove però l’implementazione di logiche fail-safe non ha ancora raggiunto il proprio apice è nel comportamento umano. Quante volte l’errore di valutazione di una persona è additato come unico elemento in grado di cagionare un errore catastrofico? Nella comunicazione accade ancor più spesso, in quanto a volte si lasciano singoli collaboratori o gruppi nel totale controllo della situazione, dato che in azienda non c’è molta gente che possa avere le competenze per valutare e giudicare.
L’internazionalizzazione è però un terreno minato
L’approccio all’internazionalizzazione richiede però un’attenzione particolare.Innanzi tutto, la comunicazione verso nuovi orizzonti che porta con sé un alto numero di incognite, anche imprevedibili nel momento della pianificazione. Inoltre, quando non ci si è ancora costruiti una reputazione, è facile “bruciars” anche per una sola leggerezza.
Paradossalmente, il mondo della comunicazione relativa ai mercati esteri è simile al sistema di un aereo, con conseguenze che possono diventare estremamente impattanti. Diventa così indispensabile costruire una catena in grado di prevenire gli errori o gli straavolgimenti inattesi, o adottare logiche per cui, quando tali errori inevitabilmente arrivano, possano essere corretti per tempo o ancora, se ciò non è più possibile, possano essere circoscritti.
Più occhi e teste per evitare gli epic fail
La regola principale è quella della pluralità dei controlli, sia nella fase di approvazione, sia nella fase della pubblicazione o operativa. Le azioni non vanno mai (a meno di emergenze) prese individualmente, ma devono coinvolgere tutti i piani interessati dal possibile risultato, dalla dirigenza agli altri dipartimenti che potrebbero influenzare (o subire) il possibile successo e insuccesso dell’iniziativa. Per quanto sia all’apparenza semplice, il lato operativo deve essere sottoposto a controlli incrociati. Anche il singolo post. Spesso si tende a incolpare interamente “l’uomo dei social” per ogni errore cosa che certo, forse fa sentire meglio, ma non toglie il fatto che l’errore ci sia stato. La reputazione dell’azienda vale di più della vittoria nel gioco a “di chi è la colpa”.
Evitare i placeholder e considerare la cultura
La logica fail-safe si applica a tutti gli elementi possibili. Per esempio: è meglio non inserire placeholder, ovvero testi in bozza (magari stupidi) che andranno sostituiti in seguito. Il rischio della figuraccia è enorme, come ci insegna il quotidiano Leggo. E’ meglio non ripetere troppi elementi e per troppe volte: se come titolo di una newsletter, oggetto, testo di preview e short link mettiamo le stesse informazioni, è più facile che, prima o poi, uno di questi elementi rimanga quello precedente. Occorre poi coinvolgere qualcuno “nativo” del luogo e della cultura del paese in cui vogliamo operare, per evitare di dare involontariamente messaggi poco apprezzati.
Questi sono solo esempi. Il concetto è che occorre costruire e analizzare nei dettagli il processo decisionale e operativo. In quest’analisi, va dato per scontato che tutti gli anelli della catena possano sbagliare ad un certo punto. Ciò, se possibile, non deve però portare al disastro aereo!