Tutti hanno assistito in queste settimane allo scivolone di Dolce e Gabbana dopo la pubblicazione di uno spot per la promozione del marchio in Cina. Uno spot che, per quanto ironico, ha interpretato l’approccio alla cultura cinese in modo che è stato definito sessista e razzista.
Nello spot, una ragazza cinese tentava di mangiare cibi italiani con le bacchette, “aiutata” da un’allusiva voce maschile fuori campo. Indipendentemente dal cattivo gusto che può essere percepito per le battute vagamente a sfondo sessuale, è interessante evidenziare un errore concettuale di fondo che può coinvolgere tutte le aziende in cerca di un’apertura internazionale verso paesi dalle culture molto differenti.
Le logiche comunicative non sono universali
Dolce e Gabbana si è approcciata a una cultura di radici differenti da quella occidentale utilizzando i nostri stessi standard e cercando di “traslare” esattamente le stesse logiche usate in occidente. Un peccato mortale. Ovviamente, anche in Asia si può osare, e anche i cinesi a volte scherzano in modo poco politically-correct, ma lo fanno da punti di vista differenti, con sfaccettature diverse. La promozione D&G di fatto ha cercato – a forza – di far funzionare per la Cina le stesse abitudini comunicative che vanno per la maggiore in Italia e in Europa..
Sell globally, think locally
Lo stesso vale in generale per gli stereotipi. Anche i cinesi e i giapponesi scherzano sui propri stereotipi. Ma, anche in questo caso, lo fanno con modalità differenti, con una sensibilità diversa. Tanto per fare un esempio, a volte per ridere sulle proprie abitudini in Oriente si usa l’iperbole, esagerando oltremodo i caratteri sociali. Una cosa che raramente si fa da noi. Ma non è detto tra l’altro che ciò che funziona, ad esempio, a Shanghai, funzioni a Pechino: stiamo parlando del paese più popoloso al mondo e dalle tante sotto-culture.
Ma in generale, a guardarla, la pubblicità di Dolce e Gabbana sembra pensata per far divertire gli italiani, più che i cinesi. E non ha indignato perché ironica. Ha indignato perché è stata percepita come un arrogante tentativo di imporre un’ironia basata su un modello occidentale. E’ stato come dire: “Adesso vi insegniamo a divertirsi.”
Alcuni dicono, giustamente, “Sell globally, think locally”. Vendete globalmente, ma pensate localmente.
Quando si vuole approcciare un mercato, occorre cercare il linguaggio giusto, la prospettiva, la sensibilità del contesto. Non si può pensare che tutto quello che funziona in Europa possa funzionare dappertutto. E che ciò che funziona per un’area di un paese funzioni per tutte. Il consiglio di farsi assistere da dei professionisti è sempre valido, ma in particolare sui mercati asiatici e arabi, resta fondamentale il coinvolgimento di persone o strutture locali, che possano indirizzare la creatività e farci capire le logiche di un modo di pensare diverso.