La comunicazione del mondo digitale è sempre meno diretta. In altre parole, non è più semplicemente la trasmissione di un messaggio, ma sempre più spesso richiede una mediazione e una risposta ad un’impulso da parte del destinatario. Questo avveniva anche in precedenza, non è una novità. Non sempre per vendere un prodotto la migliore soluzione era comunicare che “questo prodotto è bello, bravo e conveniente”.
Certo è però che in passato l’approccio diretto costituiva la modalità base quasi monopolizzante, e c’era una ragione. Gran parte dei messaggi promozionali arrivava ad un pubblico più generalista, non definito, e soprattutto raggiunto con un modello “outbound”, ovvero dall’interno all’esterno. Si potrebbe dire “a tradimento”, o come dicono altri tramite “pubblicità interruttiva”. Non c’era altra possibilità.
Nel mondo digitale di oggi, l’imperativo è intercettare le necessità di un pubblico puntando a qualcuno la cui volontà di acquisto è già formata. O che comunque ha già l’interesse all’acquisto. Ci siamo arrivati grazie alla grande possibilità di profilazione che i media attuali ci offrono, unite alle loro caratteristiche intrinseche: un motore di ricerca serve per rispondere a delle domande, delle istanze, poste dal pubblico. Chi propone un prodotto o un servizio può pubblicizzarsi in maniera tradizionale, per ottenere visibilità generalista, ma la cosa migliore rispondere a delle istanze di qualcuno che sta già pensando a quel bene o servizio, cercandolo attivamente. O che comunque ne ha bisogno anche se non lo sa ancora. In quel caso, chi vende deve approntare un messaggio strutturato che, “di rimbalzo”, risponda ad una richiesta reale e potenziale, approfittando delle possibilità di profilazione.
Corea del Sud vs. Corea del Nord
Si può fare un esempio curioso. Qualche mese fa, al confine tra Corea del Nord e Corea del Sud, gli uomini del dittatore Kim iniziarono a “sparare” con delle casse potentissime dei messaggi audio verso il sud. Il contenuto era tutto rivolto a quanto fosse bello, buono e bravo il loro leader, e giusto il loro regime. Questa è una comunicazione semplice. Peccato che ci siano tanti nuovi media ed il pubblico abbia ampia possibilità di intuire la situazione reale. Tale messaggio non risponde a nessuna istanza, in quanto generico e non credibile.
Cosa ha fatto la Corea del Sud? Avrebbe potuto rivolgere delle casse verso il nord spiegando quanto era bella brava e libera la Corea del Sud. Invece no. La Corea del Sud ha risposto ad altissimo volume con il K-Pop, propinando musica leggera adolescenziale da boy-band. Questa è una comunicazione moderna. Sapendo che, oltre confine, c’è un popolo oppresso ma molto diffidente (profilazione) si è cercato di far capire come al sud invece le persone possano permettersi di cantare di amori, appuntamenti, libertà. In leggerezza. L’istanza è “Ti senti oppresso? Ti facciamo capire che da noi siamo diversi.”
Probabilmente, nessuno ha ascoltato i due tipi di messaggi, dato che sul confine ci sono chilometri e chilometri di zona franca. Però l’esempio merita di essere raccontato per mettere a raffronto due approcci diversissimi nel contesto di uno dei temi internazionali più “caldi” del momento.